Appunti di un grande Uomo

Alessandra Luppi • apr 22, 2019

Il nuovo album "APPUNTI DI UN LUNGO VIAGGIO". Amore, morte e ricordi nelle “Canzoni interrotte” di Gino Paoli. Il cantautore sconvolge tutto: un rivoluzionario giovane 84 anni.

È il disco più audace e anticonvenzionale che sentirete quest’anno da un big della musica italiana. A 84 anni, e niente più da perdere, Gino Paoli abbandona momentaneamente la forma-canzone. Nei quattro pezzi che aprono il doppio “Appunti di un lungo viaggio” il cantautore concepisce la musica come un flusso di frammenti di canzoni e movimenti strumentali di grande respiro scritti ed eseguiti dal pianista Danilo Rea con la Roma Jazz String Orchestra. Sono briciole di canzoni, raccolte assieme ... e poi si sa, che le briciole sono la cosa più buona. Frammenti magici che la fantasia di Danilo Rea e dell’arrangiatore Marcello Sirignano trasformano in un viaggio in un tempo sospeso.

Le quattro canzoni prendono il titolo dalle stagioni dell’anno e sono contenute nel primo CD di “Appunti di un lungo viaggio” intitolato “Canzoni interrotte”. È la prima raccolta di inediti di Paoli dal 2009. In tutti questi anni, il cantante è andato in giro per l’Italia in duo con Rea o accompagnato da altri musicisti jazz. Paoli s’è impuntato e ha deciso che i brani andavano bene così, che non aveva altro da dire e perciò non ha voluti abbellire, né completare questi bozzetti.

Ha avuto un bel daffare il produttore Aldo Mercurio ad assemblare questo materiale, a dargli la forma di un album. C’è riuscito anche grazie al talento musicale di Rea e di Sirignano che hanno cucito queste canzoni interrotte in quattro suite – “Estate” dura oltre 13 minuti, le altre tre viaggiano attorno ai 6. L’hanno fatto con fantasia e con un buon gusto d’altri tempi che in alcuni passaggi fa venire in mente certe digressioni strumentali di Paolo Conte. Le musiche fanno “respirare” il disco e integrano i versi asciutti di Paoli che trasmetterebbero altrimenti un senso di incompletezza.

Il risultato di questo lavoro d’assemblaggio sono 32 minuti di musica, un po’ medley e un po’ flusso di coscienza in cui Gino Paoli, con voce invecchiata da sigarette ed esperienze ma caratterizzata da uno spessore che affascina, riflette sul tempo, sui sentimenti, sui ricordi, sulla morte. Sono soliloqui estremamente poetici di un uomo che fa i conti con il passato, col proprio carattere, con le poche certezze che ha, con la mancanza d’illusioni, con l’amore. Oppure sono dialoghi con amici scomparsi come Don Gallo, cui è dedicata “Due cani in chiesa”, o col matto un tempo internato a Trieste di “Amico mio” o con la moglie a cui si rivolge il cantante nell’ultimo frammento: “Quando me ne andrò, dai il mio nome a un gatto e accarezzalo sempre con le tue mani pigre”.

Anche quando canta di morte, Paoli lo fa con tono leggero e per niente malinconico. Non è musica triste, è serena. L’idea di titolare le quattro canzoni come le stagioni deriva da una concezione ciclica della vita in cui la morte è solo l’inizio di qualcosa d’altro. Ci sono tante domande espresse con parole semplici, ma nessuna risposta. C’è la voglia di vivere intensamente la bellezza del mondo perché, come canta Paoli a un certo punto, bisogna morir malati e cioè non risparmiarsi alcuna esperienza, dissiparsi se necessario, bisogna morire di poesia e di bronchite, non ricchi e in salute.

Chi cerca qualcosa come “Sapore di sale” o un’altra “Un cielo in una stanza” è avvisato: non le troverà. Ci sono però gli originali reinterpretati nel secondo CD di “Appunti di un lungo viaggio”, altri 51 minuti di musica che mostrano la faccia più convenzionale e rassicurante di Paoli. Il disco s’intitola “I ricordi”, contiene l’inedito omonimo che pur non essendo una canzone interrotta ne ripropone il tema, una versione di “Ritornerai” dell’amico Bruno Lauzi e i rifacimenti di 12 classici del repertorio di Gino Paoli, in una veste essenziale che regala davvero grandi emozioni.

È un piacere ascoltare queste versioni e sicuramente saranno apprezzate dal grande pubblico, ma il dipinto esistenziale delle “Canzoni interrotte” è un’altra cosa. Sicuramente dividerà, verrà criticato, magari non sarà capito, ma che sollievo: anche in Italia abbiamo qualcuno che racconta la terza età fregandosene delle regole e lasciandosi alle spalle un album divisivo e originale. E' altresì vero che se nel primo disco viene fatto un bilancio riflessivo ... è bello poter guardare al passato con soddisfazione mettendosi nelle orecchie il secondo. Davvero un bel regalo. Grazie Gino!

Testo ispirato dalla recensione di Claudio Todesco

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